Come un fantasma tra i fantasmi
di Roberto Ciri
Vista della cresta di Costabella dalla P.ta de le Sele
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Cima di Costabella - 2762 m Regione: Trentino Alto Adige Punto di partenza: Rif. Cima Uomo - Val di S. Pellegrino (q. 2030 m) Versante di salita: S-SW Dislivello di salita: 730 m Dislivello totale: 1460 m Tempo di salita: 2,15 h Tempo totale: 3,3 h Difficoltà: EE - F+ (scala difficoltà) Punti di appoggio: Rif. Passo Selle (q. 2528 m) Tipo di salita: Sentiero e traccia segnata
Attrezzatura:
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Il percorso descritto è la parte di Alta Via Bepi Zac fra la Cima di Costabella e la Forcella Uomo, una splendida traversata di cresta che può essere effettuata in giornata partendo presto dal Rif. de le Sele e che tocca otto cime: Laste Picol (2697 m), Laste Gran (2716 m), Cima della Campagnacia (2737 m), Cima di Costabella (2762 m), Sasso di Costabella (2730 m), Punta delle Vallate (2837 m), Om Gran o Cima di Colbel (2805 m) e Punta del Ciadin (2919 m), culminando infine con la splendida Cima Uomo (3010 m), una delle più belle vette delle Dolomiti. La traversata, oltre ad offrire una bellissima escursione dolomitica molto varia e con un percorso attrezzato di media difficoltà, costituisce un percorso di guerra di grande interesse storico.
Arrivai al passo molto tardi quel giorno, il cielo era coperto di nuvole che stancamente risalivano i pendii d’erba, poi i ghiaioni ed infine andavano ad incastrarsi fra le pareti e i canaloni rocciosi che scendevano dalle cime. Iniziai a camminare che era mezzogiorno passato, contrariamente alla mia abitudine di partire presto, ma le nuvole non sembravano minacciose, fra me e la cima c’erano solo 800 m di dislivello e sentivo le gambe ben allenate dalle salite alle cime della settimana precedente. Quando arrivai sulla Cima di Costabella una schiarita del cielo aprì la visuale verso la valle di S. Pellegrino e le vette intorno.
Mi trovavo fra cime e sentieri della Grande Guerra, in una delle zone più combattute del conflitto. Ovunque resti di appostamenti e brandelli di passato appesi a pali di legno, filo spinato, reti di ferro, trincee in cresta, gallerie scavate nella roccia. Il vento ora sollevava le nuvole più in alto e non c’era aria di temporale, così continuai a camminare, iniziando il percorso della cresta di Costabella su cui, novant’anni prima, alpini italiani e soldati austriaci avevano camminato e vissuto per tre anni almeno. Immaginavo lo stesso tipo di giornata di fine agosto, con le nuvole che salivano lungo i pendii rocciosi verso la cresta e loro appostati nei buchi e le gallerie fra le rocce, a distanza di poche centinaia di metri dal proprio nemico, da una morte che poteva arrivare in qualsiasi momento, a seconda dei capricci di una nuvola che liberava la visuale di tiro di un cecchino.
Il percorso di guerra entrava in una lunga e buia galleria scavata nella cresta rocciosa, troppo bassa per poterci stare in piedi. Non si vedeva niente, ci vollero alcuni minuti perché gli occhi si abituassero al buio, rischiarato solo a tratti dalla luce proveniente dalle feritoie scavate in alcune diramazioni della galleria. La volta e le pareti erano umide ed ogni tanto cadeva qualche goccia d’acqua. Avanzando a tastoni a volte sentivo la roccia bagnata sulle mani, altre volte incontravo pali di legno di sostegno della volta, mentre allontanavo il pensiero che dopo tanto tempo qualcosa potesse crollare. Camminando in quel cunicolo immaginavo quanti soldati austriaci fossero passati di là un tempo, li vedevo con le lanterne in mano a camminare a testa bassa, mentre si dirigevano verso le feritoie nella roccia a dare il cambio ad un compagno appostato di guardia. D’estate e d’inverno, rimanere lì, tenere la posizione, ricacciare indietro gli attacchi degli italiani che cercavano di conquistarla.
Arrivò infine l’apertura della galleria e riemersi alla luce, ma nel frattempo il mondo intorno era sparito, avvolto dal bianco lattiginoso delle nuvole. Davanti a me ancora postazioni, camminamenti, grotte, pali di legno e il via vai di soldati scomparsi, avvolti dalla nebbia del tempo, caduti giù per le pareti sotto il colpo di un fucile lontano, invisibile, nascosto anche lui fra le braccia di un altro soldato, nascosto a sua volta fra le braccia rocciose della montagna. Vagando fra la nebbia seguivo la traccia del vecchio sentiero, accompagnato dai fantasmi di coloro che lì avevano vissuto e combattuto, confusi con la nebbia stessa, fantasmi di morti che già morti erano anche da vivi, che a viver lì si era già dei fantasmi ancor prima di morire.
Scesi ad una forcella, punto di fuga verso valle giù per un ghiaione che mi invitava a scendere. Ci pensai un po’ e decisi di proseguire verso altre due cime più avanti. Da sentiero di cresta la traccia si trasformava in un aereo percorso di cengia sottocresta, una lunga e non molto larga cengia ghiaiosa che, con qualche saliscendi, tagliava pareti e canaloni che si perdevano verso il basso nel biancore delle nuvole. Percorsi la cengia con un certo affanno, tutto era avvolto dalle nuvole ed era ormai tardo pomeriggio. Stavolta ero io il fantasma che vagava alla ricerca della forcella Uomo da cui scende un canalone a me ben noto che mi avrebbe riportato a valle. La cengia continuava a salire e scendere, seguendo gli strati della roccia, con qualche segnavia che indicava il percorso, finché riconobbi sotto di me il canalone e sopra la forcella agognata.
Sapevo che era proprio quello il pezzo peggiore che mi aspettava, essendo un canale ripido e con ghiaie e sassi instabili sul fondo roccioso. Con cautela iniziai la discesa, cercando di capire fra la nebbia la direzione migliore da seguire. Fra una scivolata ed un buon appiglio sulla roccia aspettavo di incontrare il punto più franoso che ricordavo aver già sceso qualche anno prima scendendo dalla via normale a Cima Uomo.
Poi, d’improvviso, misi piede sulle ghiaie con una traccia che aggirava uno sperone roccioso con segnavia. “Io ti conosco!” dissi a quella roccia con quel segno, “Ti conosco, è fatta! ne sono fuori!”. Iniziai a scivolare di corsa lungo il ghiaione che portava a valle, riemergendo pian piano dalle nebbie, mentre il mondo con i suoi placidi prati si riapriva ai miei occhi. Mi voltai a guardare il fitto mistero di nubi da cui ero emerso, come un solitario fantasma tra i fantasmi riapparso da un tempo ormai perduto.
Note:
Presso il Sasso di Costabella è presente una caverna scavata in un torrione, ex postazione di guerra, con all'interno una interessante mostra fotografica permanente sulla 1° Guerra Mondiale, intitolata “No alla guerra!” allestita dai Volontari di Moena (accesso con breve percorso attrezzato, libro visite all'interno).
Autore: Roberto Ciri -
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Data: 20/07/2005
© VieNormali.it
Salendo verso la cresta
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La piccola croce di legno sulla Cima di Costabella
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Gallerie presso la Cima di Costabella
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La mostra fotografica nella caverna del Sasso di Costabella
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