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RACCONTO DI MONTAGNA DI DENIS PERILLI



Semplicemente Lagorai
di Denis Perilli

Da Forcella Colbricon verso Cime Ceremana e Bragarolo
Da Forcella Colbricon verso Cime Ceremana e Bragarolo

Cima di Bragarolo - 2692 m
Regione: Trentino Alto Adige
Punto di partenza: Malga Rolle (q. 1910 m)
Versante di salita: NE
Dislivello di salita: 782 m
Dislivello totale: 1800 m
Tempo di salita: 4 h
Tempo totale: 8 h
Difficoltà: EE - I - F (scala difficoltà)
Punti di appoggio: Biv. Aldo Moro (q. 2565 m)
Tipo di salita: Sentiero e traccia segnata
Attrezzatura:

Faticosissima ma molto remunerativa escursione fra montagne poco frequentate.

Ci son vari modi per ricercare e trovare un’avventura vera, l’importante è sempre prendere la direzione giusta. Arrivati nei pressi del Passo Rolle la scelta era o cominciare a risalire verso le luminose e rinomate Pale di San Martino o inoltrarci verso il più cupo e meno attraente gruppo del Lagorai. Ovviamente la scelta era ben chiara nella nostra mente, ma il luccichio delle Dolomiti mette sempre il tarlo del dubbio, una tentazione quasi irrefrenabile.

Lasciata la macchina a Malga Rolle, la nostra spedita marcia ci condusse a calpestare le scure rocce porfiriche del sentiero che porta ai Laghi del Colbricon. I discorsi erano quelli di sempre e ovviamente la deformazione professionale del Naturalista mi portava già a sfinire il mio compagno di mille avventure Roberto (Bob) … deve essere proprio un santo uomo per riuscire a reggere ancora le mie mille divagazioni su rocce, fiori e soprattutto animali! Forse il cognome Beato è un segno e in tanti ce ne stiamo accorgendo. Fra una chiacchiera e l’altra in brevissimo tempo ci trovammo al cospetto dei laghetti e lo stupore fu immediato. Quel luogo, già visitato parecchie volte, oggi aveva un’aura di magia del tutto particolare. La giornata si proponeva con una luminosità fuori dal comune e i colori dell’acqua e delle montagne in lontananza assumevano dei toni e delle profondità inediti. La dorsale di Cima Bocche riflessa nello specchio d’acqua mi ricordava quelle immagini del Nord Europa o del Canada visti e sognati solo attraverso la tv.

Cominciamo a salire e la mia loquacità comincia ad "assottigliarsi" sempre più lasciando spazio al fiatone! Non ricordavo che la salita ai fianchi del Colbricon fosse così ripida! In compenso l’allegra comitiva appena sotto di noi continuava ad essere alquanto rumorosa e a provocare in noi quel senso di invidia per questa energia che sembrava sprizzare da tutti i pori.

Con una bella sudata raggiungiamo l’inizio del lungo (e largo!) "nastro inclinato" di sassi che ci dovrebbe condurre verso Forcella Colbricon. Alla nostra sinistra l’enorme mole scura del Colbricon, a destra l’allungata cresta del Colbricon Piccolo. All’improvviso, l’adrenalina sale a mille! I fischi assordanti delle marmotte ci inducono a guardarci attorno ed ecco sopra le nostre teste la sagoma inconfondibile di ben 2 aquile reali! La mia "pressione" comincia a salire, memore anche dell’incontro ravvicinato con un gran numero di camosci avvenuto qualche anno fa proprio in questa zona. I 2 enormi rapaci vanno ad appollaiarsi in chissà quali anfratti nascosti del Colbricon Piccolo e il silenzio torna sovrano. Anche i nostri "compagni di viaggio" han finito la voce! Non male come inizio!

Pazientemente riusciamo a raggiungere l’agognata Forcella Colbricon, del tutto ignari di quello che deve ancora venire. Il panorama è da sballo! Dietro di noi l’enorme muraglia della Marmolada, il Piz Boè che si intravede dietro le quinte e ovviamente le Pale di San Martino in primissimo piano. Alla nostra destra il Catinaccio e il Latemar che oggi sembrano a 2 passi da noi. Ma è davanti che si presenta la meraviglia. La sterminata catena del Lagorai si perde all’orizzonte, tutta inclinata a scendere verso destra. Un mare di sassi così esteso non l’avevo mai visto. Dal fondovalle non sembra così. Anche Bob si lascia andare ad esclamazioni di gioia pura. La lunga cresta dentellata sembra la schiena di un gigantesco drago che dorme, le parole non bastano! Ma i colori qui fanno la differenza! Il contrasto fra le scure rocce violacee sotto i nostri piedi e le retrostanti "calde" Dolomiti è un qualcosa di assolutamente allucinante! Pensare di camminare su quel che resta di una distruttiva nube ardente che centinaia di milioni di anni fa si divertiva a distruggere tutto mi mette i brividi! Sto impazzendo, quel che resta del mio cervello, bruciato da sto sole cocente e accecante, viaggia a mille! Questa è avventura, anche senza andare in chissà quale remoto luogo sperduto! Scrutiamo il profilo del drago per tentare di capire qual è Cima Bragarolo, la nostra vera meta.

Bene, è giunta l’ora di ripartire, a quanto pare la strada è ancora lunga e sembra proprio che ci siano molte discese alternate a salite, il giusto mix per massacrarci i polpacci!

Partenza in discesa e poi risalita in questo immane sfasciume di rocce e in mezzora circa eccoci giunti ai 2428 m di Forcella Ceremana. Lo scorcio verso l’abitato di San Martino di Castrozza non è niente male! E anche il baratro che sta sotto le ricadenti pareti del "lato opposto" del Lagorai non scherza mica. I nuovissimi cartelli biancorossi indicano che manca ancora poco più di un’ora al Bivacco Aldo Moro, ubicato poco sotto la "nostra" cima. Da qui in poi siamo assolutamente soli, sembra quasi impossibile che il famoso Passo Rolle sia solo a qualche ora di cammino da noi. Questa è la vera magia avvolgente del Lagorai. Qui sembra che il tempo e le distanze non abbiano più senso, si annulla tutto … tranne l’acido lattico sulle gambe!

Sopra le nostre teste, a sinistra sfilano in sequenza le varie Cime di Ceremana! Mai e poi mai avrei pensato che con guida e cartina in mano fosse quasi impossibile riconoscere le varie vette, ma il Lagorai è pure questo! Ti disorienta. Ma non c’è da lasciar spazio alle esitazioni, bisogna proseguire spediti, anche se in certi momenti verrebbe da abbandonare il sentiero (o quella cosa informe che dovrebbe essere una traccia per i viandanti) e puntare dritti verso questa o quella sommità!

Ad un certo punto mi blocco di colpo!!!! Mille metri sotto ai miei piedi comincia a far capolino il Lago di Paneveggio, tutto ammantato dal "verde assoluto" della leggendaria Foresta di Paneveggio, quella dei violini di Stradivari. Quanti ricordi affiorano in un istante, 2 anni di ricerche per la tesi di laurea non si dimenticano facilmente! 2 anni di incontri, di alberi che toccano il cielo, di freddo pungente, di simbiosi col bosco stesso, pure di dolorose punture di vespe. Intanto la distesa di massi non ha intenzione di mostrare punti di debolezza mentre la nostra grande forza di volontà comincia ad evidenziare delle crepe. Torniamo indietro? Sta cima sembra quasi non esistere! Ma all’improvviso ecco una "bella ciliegia colorata" davanti a noi, l’inconfondibile lamiera rossa del Bivacco Aldo Moro. Quasi quasi ci stavamo convincendo non esistesse!

Poche esitazioni e via, a risalire quell’ultimo faticosissimo centinaio di metri che mancano alla Cima di Bragarolo. Ultime roccette ed eccoci finalmente ai 2692 m della sommità decorata da una inconsueta croce di vetta allestita in modo rudimentale con 2 pezzi di legno mezzi marci. Chissà, probabilmente non sono altro che 2 "schegge" di qualche baraccamento di guerra, se solo potessero parlare! Forse è meglio che stiano zitte. Credo che il panino sia schizzato fuori da solo dallo zaino vista la fame che girava in zona! Un morso dietro l’altro osservando a quanto oggi sembrano stranamente vicine le bianche vette dell’Ortles, del Gran Zebrù, del Cevedale e del Vioz. Sembra di poterle toccare.

Questo non è un panorama di vetta come gli altri, è un panorama che sa stranamente di lunghi silenzi, di solitudine, di luoghi remoti. È un panorama da Lagorai!!! Questo ho esclamato in quel momento. "Bob che dici, scendiamo?" Alla fin dei conti siamo solo a metà percorso, non dimentichiamocelo.

I nostri passi ci portano a scendere per un divertente fuoripista e la mia testolina bacata inevitabilmente torna a pensare ai camosci. Possibile, non ne abbiamo incontrato manco uno, questo era il regno di tali ungulati. Evidentemente è proprio vero, la temuta rogna sarcotica ha provveduto a sterminare la cospicua popolazione di questi animali. Triste da ammettere, ma sono cicli naturali, non ci si può fare niente.

Intanto, i pensieri non hanno rallentato la marcia e pian pianino le forcelle superate anche all’andata restano dietro i nostri passi svelti. Ringrazio gli scarponi per non avermi fatto le vesciche. Ora si va quasi col pilota automatico e l’unica sosta ristoratrice ce la concediamo al simpatico Rifugio Colbricon a farci coccolare da una dose di zuccheri travestita da torta! Orizzonti, pensieri, considerazioni, ci vuol tutto, ma anche la gioia del palato va soddisfatta! Ci fa strano entrare in rifugio, un’ora prima credevamo di essere a mille miglia da qualsiasi forma di vita umana. Ci rimettiamo nei nostri passi e in un battibaleno anche questa domenica luminosa di metà settembre giunge all’epilogo, dopo oltre 9 ore di fatiche.

Questa non è una domenica come le altre. Le emozioni che posso estrarre dal mio zaino delle escursioni ormai non son più quantificabili, ma questa gita mi ha lasciato "un qualcosa dentro" che non riesco a descrivere! Non è la vetta più alta, non è l’itinerario più lungo, il compagno di avventura è sempre il fidatissimo e saggissimo Bob, cos’è successo oggi? Non lo so, non voglio neanche cercare spiegazioni, voglio solo portarmi a casa questo ennesimo regalo che ha voluto donarmi la montagna. Grazie!


Autore: Denis Perilli - Altri racconti dell'autore...

Data: 12/09/2010

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