"Se si vuole ottenere molto bisogna essere disposti a pagare molto, soltanto così è possibile entrare dentro le cose, oltre l'apparenza, fino a viverle, a sentirle come proprie, persi in una dimensione atemporale. E' l'infinito che irrompe, pretende il suo spazio e da piccola parte di un mondo a noi esterno, d'un canto ci si trova partecipi di un tutto, tanto da poter avvolgere in un unico abbraccio l'universo intero."
Oliviero Bellinzani è un grande alpinista amante dell'arrampicata e dell'avventura, a molti noto con il soprannome di "Uomo con le ali" grazie ai sui incredibili video visibili nel suo canale you tube, a molti altri sconosciuto nonostante la cospicua ed invidiabile attività alpinistica. Su VieNormali ha relazionato più di 340 cime, con molti itinerari alpinistici di elevata difficoltà, ma le cime scalate da Oliviero sono ormai 1000!
Amputato di una gamba nel 1977 in seguito ad un grave incidente stradale, ha raggiunto traguardi alpinistici di difficile realizzazione anche per alpinisti con entrambe le gambe, come il Grand Capucin per la Via degli Svizzeri, il Dente del Gigante, il Cervino sia per la Cresta del Leone e che dalla Cresta Hornli, il Monte Bianco in solitaria, il Pizzo Badile per lo spigolo nord, la Punta Dufour nel Monte Rosa, la Piccolissima nelle Tre Cime di Lavaredo per la Via Cassin, solo per citarne alcune.
Dopo l'incidente, contro ogni logica e "buon senso comune", Oliviero ha ripreso ad andare in montagna e arrampicare, testimoniando un forte messaggio di vita sia alpinistica che umana, ed aprendo la strada ad altre persone disabili (ma anche a quelle "normali") per riscoprire i propri limiti e reagire difronte ad ogni difficoltà. Messaggio chiaro anche nelle sue parole:
"Trovo che in molti amputati ci sia troppa autocommiserazione e incapacità di soffrire, come se la sofferenza facesse paura. Ho capito che il limite in realtà spesso non c'è, ma è solo nella testa. Voglio che la gente sappia che per fare certe cose non è necessario essere 'integri'."
Torrone di Nav, Canton Ticino 2004 Punta Fourà, Gran Paradiso, 2012
La sua nuova condizione non gli ha impedito di raggiungere centinaia di vette di tutto l'arco alpino, dal Monte Bianco alle Dolomiti Friulane, e di ottenere ottimi risultati nell'arrampicata sportiva:
- nel 2008 è stato insignito del prestigioso Premio Montagna Italia 2008 nell'ambito dell'Orobie Film Festival ed ha vinto il 1° premio del concorso "Protagonista per una sera" organizzato dalla SAT di Arco con il filmato "L'uomo con le ali".
- nel 2010 e 2011 ha vinto il Titolo Italiano Paraclimbing nelle gare Speed e Lied, classificandosi inoltre al 3° posto nella gara di velocità ai Campionati Mondiali di Paraclimbing di Arco 2011
- altre gare nelle Prove di Coppa Italia
Ponzano Veneto, Coppa Italia 2012 Campionati Italiani Casalecchio del Reno 2011
"Il 5 febbraio 1977 è il giorno che mi cambia la vita: in un istante la mia esistenza viene stravolta, e tutto ciò che ero non lo sarei mai più stato. Dall' istante in cui ebbi l'incidente stradale che mi causò l'amputazione della gamba sinistra, nulla è stato uguale, ma ciò nonostante, superati i primi comprensibili drammatici momenti, già nell'agosto di quello stesso anno inseguendo i sogni che cullavo sin da ragazzo, ho provato ad inventarmi un modo 'diverso' di affrontare la montagna, salendo con le stampelle il Monte Nudo (1235 m). Da allora ho scalato quasi 1000 cime, molte delle quali in Canton Ticino, con difficoltà dal semplice escursionismo all'alpinismo estremo, dimostrando a dispetto di tutto, del mio handicap, dei pregiudizi che mi avrebbero voluto inchiodato al palo, che era possibile perché, l'ho imparato sulla mia pelle, i limiti sono prima nella mente, poi nel corpo."
L'esito dell'incidente Oliviero lo descrive dicendo:
"Muoio per ben due volte, e per ben due volte vengo riportato in vita". Per una settimana rimane in bilico tra la vita e la morte, poi la decisione fatale da cui dipende il suo futuro: gli viene amputata la gamba sinistra all'altezza della coscia.
Ad appena sei mesi dall'incidente, con una gamba in meno e due stampelle in più, tra lo scetticismo della gente e le preoccupazioni della madre, Oliviero decide di salire il Monte Nudo, in Valcuvia. Sarà la prima di tante imprese, considerando il suo andare in montagna
"non come una sfida all'handicap, ma piuttosto una sperimentazione delle mie possibilità tecniche, se io dicessi che questo è un miracolo ragionerei da disabile, invece la gente deve capire che certe cose le puoi fare indipendentemente dalla tecnologia e dal fatto che ti manchi una gamba o no. Le cose le fai perché le vuoi."
Cresta del Leone, Cervino 2003 Piccolissima di Lavaredo, Via Cassin, 2002
La montagna è la sua vera dimensione, se non ci va sta male e molto spesso ci va da solo, perché così non deve "
spartire ritmi con nessuno: la montagna è fatta di momenti particolari, a volte ci sono dei panorami che non puoi fare a meno di fermarti, altre che devi tirare fino allo spasimo perché non hai altra scelta". C'è un fascino anche della morte per chi guarda una cima e s'incammina e Oliviero lo ammette: "C'è il vuoto, e questo ti attrae. Ma quando tu vedi la possibilità di andare, vai. In quel momento il tempo e il mondo smettono di scorrere, tutto è concentrato sulla montagna, sul movimento che stai facendo. Io non sono un suicida, valuto sempre le mie possibilità. Mente e corpo diventano una cosa sola, il cervello comanda e il corpo esegue".
In un suo racconto sulla salita del Gran Capucin Oliviero descrive il cuore del suo pensiero:
"All'inizio, quando cominciai ad andare in montagna nessuno avrebbe scommesso un soldo su di me. In fin dei conti cos'ero? Un cavallo al palo, un relitto alla fonda. O almeno questo è ciò che generalmente si ritiene dopo una menomazione tipo la mia e anch'io, del resto, "prima" la pensavo un po' così. E' una concezione atavica, profondamente radicata dentro di noi, che è estremamente difficile da rimuovere e presto o tardi torna fuori con prepotenza, soprattutto negli altri che ti guardano, ti compatiscono, ti evitano, perché nell'intimo temono che possa capitare anche a loro e tu sei lì a ricordargli questa grande paura. Momenti duri questi, e troppi non riescono a superare il trauma di ritrovarsi improvvisamente diversi, inferiori. Ma inferiori a chi? Ecco la domanda da porsi. Così, superato il primo impatto, vai alla ricerca di una normalità mai ritrovata e provi con lo sport. Ricordi come correvi? I cento in undici netti. Niente male. E adesso?
Oppure le pazze discese in montagna, corse senza fine inseguendo l'emozione. Ricordi, rimpianti che ti rodono dentro, ti consumano. Alzi gli occhi guardando fuori e vedi i vecchi amici giocare a pallone nel solito campetto, dei brocchi rispetto a te prima ed ora, invece, trasformatisi in campioni al tuo confronto. Ormai sei di serie B, C...Z e, stando alla generale considerazione, per quanto tu ti possa impegnare, più di tanto non puoi fare, perché lo sport "vero" è quello dei normali. A me, invece, quel "più di tanto" non stava bene per niente, meno che meno il contentino che mi si voleva propinare e per lunghi anni, attraverso mille difficoltà, ho cercato di vivere normalmente, come tutti, dedicandomi però a quello che era il mio grande sogno di sempre: la montagna.
A quei tempi, fine anni 70, ci voleva fantasia, oltre che audacia anche solo per pensare all'alpinismo, uno sport duro e pericoloso e la cosa più difficile fu di superare i miei limiti mentali. Non fu facile, anche perché nessuno mi aiutò: accompagnandomi alla scoperta dell'impossibile. Una via tracciata è più facile seguire, che non doversela cercare e impiegai anni per trovarla. In effetti quando nel 92 salii sul Blinnenhorn, dovetti compiere quasi un atto di violenza sui me stesso per superare le remore e decidermi a provare. L'ascensione mi era stata dipinta come pericolosa, difficile e in più d'uno mi raccontò di episodi drammatici che a rigor di logica avrebbero dovuto farmi desistere. Invece fu facile. Faticoso, sì, ma facile. Ed avevo atteso quindici anni nel dubbio prima di scoprirlo!
Dopo quell'esperienza cominciai a contare sempre di più sulle mie risorse e sperimentare che il desiderio del continuo superamento, di scoprire cosa si nasconde oltre al muro, può portare ad ottenere risultati inimmaginabili ed è a ciò che dovremmo tendere con tutte le nostre forze.
Così mi sono trovato a tentare l'impresa di superare i cinquecento metri di compatto granito che costituiscono il Gran Capucin. Linee filanti, estetiche, che sorgono come dal nulla colpendo la fantasia. Linee tutt'altro che facili che a lungo hanno tenuto l'uomo lontano. E tutt'attorno altri monoliti di grandezza inferiore, separati da rapidi lampi di cielo che meglio definiscono i ripidi canali nevosi scendenti dalle strette gole, dove le vertiginose creste paiono per un momento placarsi trovando un po' di riposo, per poi subito tornare ad impennarsi in un continuum che non dà pace al tormentato paesaggio. E al cospetto di siffatta selvaggia bellezza l'emozione si fa intensa, profonda, imprigionando l'animo fin nell'intimo e a nulla vale riandare alle passate esperienze. E' come se ogni volta fosse la prima volta, in una sorta di eterna riscoperta di un qualcosa già noto che malgrado ciò mantiene il sapore fresco e soprattutto intatto, della novità.
Ed è con questo spirito che ho affrontato il Gran Capucin, la mia scalata più impegnativa. Il fatto che mi manchi una gamba non contava assolutamente più nulla e anche se affondavo nella neve e anche se lo zaino era troppo pesante e lo sforzo per risalire il ripidissimo pendio che porta all'attacco immane, non aveva importanza. Tutto fa parte del gioco. Se si vuole ottenere molto bisogna essere disposti a pagare molto, soltanto così è possibile entrare dentro le cose, oltre l'apparenza, fino a viverle, a sentirle come proprie in un' osmosi che non ha confini, persi in una dimensione atemporale dove l'essere si annulla pur mantenendo un fortissimo senso della propria identità, permettendo in tal modo all'uomo di restare comunque se stesso. E' l'infinito che irrompe, pretende il suo spazio e da piccola parte di un mondo a noi esterno d'un canto ci trova partecipi di un tutto, tanto da poter avvolgere in un unico abbraccio l'universo intero.
Ma dopo la fatica, le difficoltà, una volta arrivato tutto ciò mi è mancato: non avevo tempo per le emozioni, quelle le ho lasciate per altri momenti e coi muscoli doloranti, le mani gelate, ho cominciato la discesa. Una doppia dietro l'altra senza fine, fino a ritrovare gli zaini. Un sorso d'acqua ghiacciata, una tavoletta di cioccolata, un rapido cambio di vestiario e si riparte, giù per il canale che sfocia nel Glacier du Mont Blanche, finalmente, un po' di riposo. Vuoto, totale assenza di emozioni. Guardo all'insù e la roccia rossa del Gran Cap non mi offre risposte. Quelle devo trovarle dentro di me. E cosa conta alla fin fine, che tutto ciò lo abbia fatto con una sola gamba?
L'unica risposta è lì davanti a me, disegnata nella interminabile traccia che riconduce al rifugio Torino dal quale siamo partiti alle tre di questo giorno oltremodo eccezionale. Sì, la risposta la ritrovo nelle lacrime che lentamente mi solcano il viso una volta che davvero è finita: nel dolce tepore del rifugio, finalmente posso dare sfogo a ciò che per tanto tempo ho trattenuto dentro di me; niente risa, niente urla, soltanto una grande gioia interiore."
Sul ghiacciaio di Dosegù, Punta San Matteo, 2010 In vetta alla Punta San Matteo, 2010
I filmati
Molti intensi momenti dell'attività alpinistica di Oliviero si possono scoprire nei suoi filmati: L'uomo con le ali ?ripercorre alcuni ?tra i momenti? più importanti? ?della sua esperienza alpinistica, realizzati da Oliviero in gran parte a proprie spese, con sacrifici anche molto grandi. Invece di farne un utilizzo commerciale Oliviero ha scelto di condividerli liberamente per diffondere il più possibile il proprio messaggio di vita e di coraggio perché esso possa raggiungere più persone possibili. Fra questi da non perdere sono sicuramente:
L'uomo con le ali (2003)
Spettacolare filmato che ripercorre la storia alpinistica di Oliviero, dal momento dell'incidente alla conquista del Cervino, con splendide riprese di alcune sue salite, tra cui il Dente del Gigante, il Grand Capucin, la Piccolissima di Lavaredo, il Cervino per la Cresta del Leone. Premiato al primo premio del prestigioso concorso "Protagonista per una sera" nella stagione 2007/2008.
Linking Together (2008)
Un film straordinario, autentico capolavoro della cinematografia italiana non solo di montagna, che racconta la spettacolare attraversata dal Monte Rosa al Cervino compiuta da Oliviero nell'estate 2007, in condizioni di neve tra l'altro molto impegnative. Una concatenazione di cime, ma anche di persone, che si sono alternate tra loro per contribuire insieme a realizzare questo progetto. Il film, oltre a regalare fantastiche riprese su quest'impresa, ripercorre inoltre la storia di Oliviero dal momento del terribile incidente che gli ha sconvolto l'esistenza ai traguardi di volta in volta raggiunti, raccontando anche della sua volontà, del suo coraggio, del suo costante allenamento, elementi tutti indispensabili che gli hanno poi permesso di realizzare questo straordinario risultato.
Altri video delle esperienze alpinistiche di Oliviero si possono vedere nella sezione
video di VieNormali e sul suo canale you tube all'indirizzo
www.youtube.com/user/uomoconleali.
Guarda inoltre il
servizio televisivo su Oliviero del TGR Lombardia del 10/03/2013 (dal minuto 17.00).
Pizzo Fizzi, Via Amico Barba Bianca, 2012 In vetta al Campanile di Valmontanaia, 2010
Ha pubblicato le seguenti guide:
<< Sito web di Oliviero Bellinzani:
www.uomoconleali.it
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